Marina

Marina, il luogo che era stato per secoli fulcro di una intensa attività quotidiana divisa fra la raccolta dell’acqua, il traffico delle merci ed il trasporto dei passeggeri da e per l’isola d’Elba e le altre isole dell’Arcipelago Toscano, e che era stata poi superata in questa sua funzione dal progresso tecnologico del Ventesimo secolo che aveva portato alla creazione dell’acquedotto ed allo sviluppo del più attrezzato e funzionale Porto Nuovo, vivrà nell’immediato dopoguerra un certo ritorno al passato a causa delle devastazioni provocate dai numerosi bombardamenti aerei sulla città. 

Le brocche di rame torneranno così ad attingere acqua ai Canali, un tempo unica fonte di approvvigionamento idrico della città ed i barconi, quelli che stavano ancorati al centro del Porticciolo e che peraltro non ne avevano mai abbandonato la scena continuando seppur limitatamente rispetto a prima a svolgere il trasporto delle merci ed occasionalmente anche quello dei passeggeri, riprenderanno a pieno ritmo il vecchio servizio.

Con il ripristino poi dei servizi di primaria importanza ed il ritorno ad una certa normalità di vita Marina perse nuovamente l’antica vitalità che rimase tale però per un ambiente che ne caratterizzò tutti gli anni 50: l’edificio della Lega Navale Italiana, risalente agli anni 30 e dove la gioventù piombinese si riversò nel tentativo di dimenticare i drammi di una guerra disastrosa.

E proprio il ricordo della Lega, permeato da forti tinte nostalgiche, riapre ogni volta la ferita provocata dalla perdita di questo ambiente unico, soprattutto da parte di chi ne visse i momenti esaltanti del dopoguerra e dei mitici anni 50 trascorsi al ritmo del Boogie-Woogie e del Twist, dei classici americani e della musica leggera italiana che le locali orchestre Arcobaleno e Primavera eseguivano dall’interno di una nicchia a forma di conchiglia allestita nel salone principale.
La Lega Navale di Piombino, che uno striscione indicava non a torto come il miglior locale della costa tirrenica e che almeno all’inizio stava aperto dalle 10 alle 24 effettuando le tanto rinomate serate da ballo ogni giovedì, sabato e domenica alle ore 21, era stata riaperta al pubblico alla fine del 1947 proprio in occasione di una serata danzante.

Ma non era questa la sua sola attività, seppur la più stimolante e che ha lasciato più profonda traccia nei ricordi dei Piombinesi. Per sua stessa natura, essa si occupava anche di esercitare e propagandare gli sport del mare ed altre attività ricreative.

Ma pressioni governative sembra di natura politica provocarono ad un certo punto lo scioglimento del Consiglio e la nomina di un commissario che in pratica ne sentenziò la fine.
In poco tempo vennero ad affievolirsi le attività sportive e diminuirono quelle ricreative. Persino il tentativo fatto dall’Amministrazione Comunale di rilevare lo stabile per farne un circolo nautico incontro l’ottusa resistenza del Ministero della Marina Mercantile da cui la Lega dipendeva, talché finì per essere abbandonata a se stessa negli anni 60.

Nel 1980, anno in cui abbiamo deciso di concludere questa storia, dopo il lungo abbandono all’incuria ed all’azione devastante del mare, ciò che rimaneva della Lega Navale venne demolito per far posto al grande piazzale d’alaggio ora esistente e che ha cancellato anche la caratteristica costa frastagliata dei “Bagnetti”.

Dell’edificio della Lega Navale Italiana rimase in piedi, seppur disabitata, solo la casa del guardiano, a desolante testimonianza del bel tempo che fu.

Prima di questo avvenimento la trasformazione più evidente è rappresentata dalla rimozione del casotto del Dazio, posto lungo la via delle fonti, nei pressi della discesa per andare sotto la tettoia del Porticciolo, dove le guardie preposte controllavano il movimento delle merci il quale vi resistette fin quando i barconi continuarono ad effettuare il traffico relativo.

Dopo la dismissione di questo servizio che si trasferì al Porto Nuovo, il casotto non ebbe più ragione di esistere e venne perciò demolito a metà circa degli anni 50.

Altra notevole trasformazione, leggermente più distante dalla scena del Porticciolo, fu quella nella zona compresa fra Piazzetta dei Grani e Via Cavour, formata da abitazioni di antica costruzione che erano stati quasi completamente abbattuti dai bombardamenti e dei quali sussistono ancora oggi dei significativi resti.

Per questi fabbricati, divenuti antigienici e privi di ogni comodità, non venne consentita la riedificazione nel Piano di Ricostruzione della città di Piombino redatto e progettato dall’architetto Puglisi di Roma nel 1946, sebbene la gente li abitasse ugualmente dopo una sommaria sistemazione.

La persistenza di queste macerie dette così origine al rione omonimo formato soprattutto dai ragazzi che abitavano nelle vicine vie e che continuò ad esistere normalmente anche dopo la sistemazione della zona, tanto che fino a pochi anni fa sui suoi muri si poteva ancora leggere la scritta “Alè Macerie”.

Un primo parziale risanamento dovette avvenire nel 1952 allorché venne deliberato la sistemazione del piazzale antistante l’ospedale vecchio dove fu creata una grande aiuola rialzata di forma ellissoidale ai piedi della quale i ragazzi delle Macerie giocavano a “buchette” con le figurine e le biglie ed effettuavano il 18 marzo di ogni anno il tradizionale fuoco di San Giovanni, proprio dove oggi esiste un parcheggio in cemento. Di fronte a questa aiuola, sulla Via Cavour, venne realizzato nella seconda metà degli anni 50 l’edificio dove trovarono posto il liceo classico ai piani superiori ed il salone della Biblioteca Comunale al piano terreno e dove prima di questo esisteva l’arco di Via Malpertuso.

Del 1959 è la sistemazione poi della Piazzetta dei Grani vera e propria che venne ripristinata integrando il vecchio lastricato con nuove lastre di arenaria e completato dei tradizionali e caratteristici colonnini.

Infine la rimozione delle macerie fra via della Marina e via Sferracavalli, dalla quale gli stessi ragazzi del rione usavano buttarsi per la ripida discesa sopra carretti di legno con cuscinetti a sfera o seduti sopra lastre di marmo rese più scivolose dal sapone da bucato.

Al loro posto venne realizzato uno spazio aperto non meglio identificabile in parte riservato a parcheggio, così come lo vediamo ancora.

Una lapide in bronzo recante la data 1967 venne apposta sul muro in cemento della nuova realizzazione dal lato di via Sferracavalli, occorre però precisare che i lavori iniziati nell’estate di quell’anno, ebbero termine esattamente un anno dopo, 1968.

Dell’ambiente di Marina dobbiamo infine ricordare la figura quasi leggendaria del popolarissimo Scotti, personaggio che apre uno spiraglio su uno spaccato di vita tipico piombinese la cui origine si perde in epoca remota e che il dopoguerra riportò alla ribalta: quello dei bombaroli, uomini e ragazzi che usavano procurarsi il pesce da rivendere mediante l’uso di rudimentali bombe fatte in casa e tirate a mare.

Lo Scotti, durante una “battuta” allo Scoglio d’Orlando nel 1906, all’età di trent’anni, aveva perso tutti e due gli avambracci riuscendo con il tempo a ricomporre una autonomia che ha dell’incredibile e che gli permetteva di vivere da solo o quasi, da solo di usare la barca a remi e persino di giocare a carte ai tavoli del Volturno di cui era un assiduo frequentatore. Dopo essersi adattato in una barca, lo Scotti visse poi per moltissimo tempo nella prima stanzetta alla destra dei Canali, un tempo riservata al servizio di posta marittima (quella adiacente era usata dalla Guardia di Finanza) e che gli era stata comprata dal grande timoniere Gino della Monica, fino a quando il 29 settembre 1969, a due giorni dal suo novantaquattresimo compleanno, la morte lo raggiunse.

A lui si deve anche l’ammaestramento di alcuni dei molti gabbiani che sorvolano i cieli di Marina, il più popolare dei quali rimane Cecco.

La quantità di cartoline riguardanti Marina prodotte in questo periodo è decisamente inferiore ed ovviamente meno diversificata rispetto a quella dell’epoca precedente, sebbene ancora abbastanza consistente confronto alla scarsa produzione di altri luoghi e giustificata dalla suggestività di un ambiente che nonostante tutto ha mantenuto e mantiene tutto il suo fascino.